martedì 14 dicembre 2010

Lamer Wikipedia tutto finito! Ragazzo 13enne ricercato dall?INTERPOL.

International Criminal Police Organization
La HACKER'S NOT A CRIME non è riuscita nell'intento di salvare ilo Lamer dall'Interpol.
Walees ha dichiarato:<<è un pericolo pubblico e bisogna punirlo, non mi interessa quanti anni ha ma mi interessa solo che adesso il mio sito è in grave pericolo e per questo bisogna prendere seri provvedimenti>>Nient'altro da dichiarare oltre che il ragazzo conoscerà il riformatorio.Non siamo autorizzati ma il nome del lamer è Riccardo Belcastro di Cosenza.Tutto qui è l'articolo che potevo scrivere su questo ragazzo-genio.Buona Fortuna Riccardo!

domenica 12 dicembre 2010

Trovato Hacker Wikipedia anzi Lamer!!

Ebbene si!Si pensava che ad attaccare Wikipedia fosse stato attaccato da un hacker super che vorrebbe scatenare una guerra nucleare ma invece è stato segnalato che l'IP è 79.33.118.220  e poi è stato scoperto che lui fa parte della HACKER'S NOT A CRIME la più grande accademia informatica che alleva i ragazzi a diventare hacker. Dopo è stato comunicato che lui è un Lamer di 96° livello su 100 e che deve essere ancora dichiarato come un lamer.Il ragazzo è sotto accusa per aver attaccato pagine dette sacre dal sito colpito che per colpa del lamer (il nome in codice deve rimanere sotto censura) adesso permetterà ad hacker di alto livello di fare una cosa da ragazzini di 10 anni. Nella HACKER'S NOT A CRIME lo farà avanzare massimo di 2 livelli essendo stato nella HACKER'S NOT A CRIME per 1 anno ma non mi hanno trattenuto sapendo che io volevo solo scoprire i segreti dell'accademia pirata. 
Wales non vuole azzardarsi ad avere niente a che fare con quella accademia e che non vuole denunciare nessuno.Ma il lamer è stato censurato da wikipedia per 2 mesi in attesa di una decisione.


  

lunedì 6 dicembre 2010

Super-hacker col Pentagono contro Wikileaks


ROMA - Hacker contro hacker: Julian Assange trova sulla sua strada un avversario temibile. Si tratta del leggendario "Mudge", al secolo Peter Zatko, schierato in campo dal Pentagono per fermare la fuga di notizie riservate dagli archivi statunitensi, come quelle organizzate da Wikileaks. "E' un tipo molto brillante", ha detto di lui Assange, rispondendo a una domanda di Andy Greenberg, che lo ha intervistato per conto di Forbes: l'australiano ha poi rifiutato di commentare il fatto che il 'rivale' lavora nell'Advanced Research Projects del Pentagono per sviluppare una tecnologia che impedisca la fuga di notizie. Di fatto una tecnologia contro Wikileaks. "Mudge", 40 anni americano, è uno dei membri storici del gruppo L0pht, fondato a Boston nel 1992.
"Possiamo spegnere tutto il web mondiale in 30 minuti", dissero i sette componenti storici del gruppo in una audizione del Congresso americano nel 1998. Quello che a tutt'oggi è considerato uno dei principali "hacker think-tank" mondiali, ha avuto un ruolo centrale nello sviluppo del movimento "hacktivism", ispirato alla creazione di tecnologie contro la censura e per la promozione dei diritti umani su internet. Nel 2000 la svolta: Mudge, additato come l'autore di numerosi 'DDos (distributed denial-of-service) attack' viene invitato a partecipare a un incontro sulla sicurezza telematica alla presenza del presidente Bill Clinton. I media, all'epoca, titolarono "Clinton combatte gli hacker con un superhacker". Poi Mudge scompare per qualche anno, e riappare nel 2004 come esperto di informatica "al servizio delle istituzioni". Oggi figura nello staff del Darpa - Defense Advanced Research Projects Agency - del Pentagono la cui missione, spiega il sito, é quella di "mantenere la superiorità tecnologica militare degli Usa per prevenire" attacchi alla sicurezza nazionale.
"Creiamo 'sorprese' tecnologiche per i nostri avversari", recita uno slogan del Dipartimento fondato nel 1958. E non c'é solo Mudge sulle tracce di Assange: molti avversari americani di Assange hanno tirato un sospiro di sollievo domenica scorsa, alle 17 italiane in punto. I responsabili di Wikileaks sono stati costretti ad ammettere che "Jester" (giullare), aveva di fatto oscurato il sito a poche ore dalla pubblicazione dei file del Dipartimento di Stato con un attacco DDos. Si autodefinisce "un criminale informatico buono, che si batte a favore del bene", è "un ex militare di un plotone piuttosto famoso, di un Paese volutamente non specificato".
The Jester, l'hacker militante che ha bloccato Wikileaks per conto degli Usa.



u Internet tra i tecno-esperti è già una celebrità, ma nessuno l’ha visto. Non si sa che faccia abbia né come si chiami per davvero. L’unica sua foto è quella del Jolly sul suo profilo Twitter: si chiama “The Jester”, il Buffone, e a quanto pare è l’hacker che ha bloccato Wikileaks nel giorno in cui tutto il mondo cercava di accedere ai documenti segreti pubblicati sul sito fondato da  Julian Assange.
Il primo a vantarsi del gesto è stato lui stesso, The Jester, che nel suo blog ha spiegato nel dettaglio come ha fatto: utilizzando il classico attacco distribuito di “accesso negato” (denial of service) ma con un software particolare messo a punto solo da lui (“XerXes DoS”). La conferma che si tratti proprio di lui arriva da esperti di sicurezza informatica che lo conoscono e seguono le sue gesta da anni. Infatti è noto per aver abbattuto diversi siti della Jihad islamica, oltre a quello di Ahmadinejad in persona.
Gli hacker sono così: non riescono a fare a meno di vantarsi della loro bravura a penetrare i sistemi informatici, e alla fine fanno addirittura amicizia con chi li tiene d’occhio. Un classico di  “guardie e ladri”. Ma questo è un pirata un po’ diverso dagli altri: si autodefinisce “hacktivist”, cioè un hacker militante. Perché è “patriottico” e si è posto l’obiettivo di difendere gli Usa dagli attacchi che arrivano via Internet da tutto il mondo.
“TANGO DOWN” ha scritto a caratteri cubitali su Twitter nel giorno dell’attacco a Wikileaks. E’ il suo motto, lo stesso che usano i militari per indicare che un nemico è stato eliminato in uno scontro a fuoco. Sono tre i suoi messaggi sul social network che non permette frasi più lunghe di 140 caratteri: “www.wikileaks.org  - TANGO DOWN - per aver tentato di metterw in pericolo le vite delle nostre truppe, “altre cose” & relazioni diplomatiche #wikileaks #fail”. Poi: “Se fossi una “fonte” di Wikileaks in questo momento mi innervosirei, se non sanno proteggere
il loro stesso sito, come fanno a proteggere una fonte?”. E poi una seconda versione del primo messaggio, con l’aggiunta di una promessa: “Per sempre”.
Sul suo blog, The Jester – che secondo gli esperti di cyber sicurezza è sicuramente un cittadino americano - si descrive come un “hacktivist for good”, cioè “buono”, che nel modo tutto suo di pensare secondo lui vuol dire “uno che ostruisce le linee di comunicazione per terroristi, simpatizzanti, mediatori, facilitatori, regimi oppressivi e altri cattivi”. Su YouTube ci sono dei video di suoi fans, linkati ovviamente nel suo blog, in cui si sostiene che “Jester è un ex militare – anche se non si specifica di che genere – che ha passato tanto tempo in Medio Oriente a combattere il terrorismo”. Lo ringraziano: “Grazie Jester stai rendendo un servizio a Obama”, “dovrebbero essercene di più come te nel mondo”. Ha anche tanti detrattori, dalla parte di Wikileaks, che su Twitter scrivono:  “#Wikileaks è la sola cosa che ci impedisce di vivere in un regime fascista, le uniche persone che ha danneggiato sono i politici
corrotti”.

E c’è chi specula che sia pagato dalla Cia o dall’Fbi. Tanto che, forse per confonderli, l’altro ieri The Jester ha dichiarato di essere stato vittima di un impostore online che si è
appropriato della sua identità per aprire una raccolta fondi online e incassare sulla sua celebrità. In effetti un altro “The Jester” è comparso all’improvviso per denunciare di aver subito un raid da parte della polizia, che gli avrebbe sequestrato il computer e messo la casa
sottosopra, e chiedere un contributo per le spese processuali. Ma secondo gli esperti di cyber sicurezza alla fine i due Buffoni sono la stessa persona.

TRE DOMANDE A
Michael Menefee, fondatore di Infosec Island, esperto di sicurezza informatica

1)
The Jester lavora in proprio o potrebbe essere manovrato?

Credo davvero che operi per proprio conto. Ma lui è responsabile solo
del primo attacco al sito di Wikileaks. Ce n’è stato un secondo che
non sappiamo ancora di chi sia stato, ma sappiamo che non era The
Jester.
2)
Come mai Wikileaks è così vulnerabile?

La stragrande maggioranza dei siti mondiali crolla di fronte a un
attacco “dDoS” (distributed denial of service), cioè quando il Web
server su cui poggia è così bombardato di richieste di contatto da non
riuscire a servire contenuti validi.

3)
Come giudica lo scandalo internazionale scoppiato per il “Cablegate”
innescato da Wikileaks?

E’ molto significativo dal punto di vista della sicurezza informatica:
se il governo americano e le grandi aziende non sanno proteggere in
modo efficace i propri dati, l’impatto si fa sentire a tutti i
livelli, dalla competitività aziendale alla sicurezza nazionale.





Attacco hacker al sito della polizia federale indiana





Fonti ufficali del Central Bureau of Investigation indiano hanno riferito che, nella notte tra venerdi 3 e sabato 4 Dicembre, il sito del C.B.I. (l’”F.B.I.”indiana) è stato attaccato da un gruppo di hacker che si firmanoCyberesercito del Pakistan‘.
Il C.B.I. assicura che “sono scattate le necessarie misure” dopo che sul web è apparso un messaggio di minacce, nel qualegli hacker sostenevano di essersi introdotti anche nel server del National Informatics Centre che gestisce la maggior parte dei siti del governativi.
Il sito, come potete constatare, è ancora offline, poichè a nulla sono valsi i tentativi di ripristino effettuati nelle ultime 48 ore.
Nella nota lasciata dagli hackers Pakistani si legge anche:
This attempt is in response to the Pakistani websites hacked by ‘Indian Cyber Army’. We told u before too…we are sleeping but not dead.
La nota termina con
Pakistan Zindabad.
Il sito del C.B.I. è considerato (o forse è meglio dire era considerato) uno dei più sicuri del paese.

L'Ue avvia inchiesta su Google
"Abuso di posizione dominante"


L'indagine dell'Antitrust partita dalle denunce presentate da alcuni motori concorrenti. Che, secondo le accuse, sarebbero penalizzati nei risultati delle ricerche sia gratuite che a pagamento. Mountain View: "Pronti a collaborare"

BRUXELLES - Google finisce nel mirino dell'Antitrust dell'Unione europea. L'organo europeo di controllo sulla concorrenza ha deciso di aprire un'inchiesta formale per verificare se il sito internet più cliccato del mondo abbia violato le regole in vigore nel Vecchio continente. L'accusa è "abuso di posizione dominante nel settore dei motori di ricerca".

Il tutto scatta a seguito di istanze presentate a Bruxelles da parte di gruppi rivali, a cominciare da Microsoft che si è mossa tramite la controllata Ciao, portale rilevato nel 2008 e che aveva sollevato critiche alle pratiche commerciali di Google. Accuse erano giunte da altri due operatori, ma su settori più di nicchia, un sito francese di documenti giudiziari (ejustice.fr) e un portale britannico di paragoni sui prezzi (Foundem). Già lo scorso febbraio la commissione europea aveva riferito che avrebbe esaminato queste lamentele, mentre negli anni scorsi su diverse vicende ha comminato multe antitrust, anche pesati a Microsoft e Intel, sempre per abuso di posizioni dominante.

Il gruppo di Mountain View viene accusato di aver penalizzato i concorrenti nei risultati delle ricerche gratuite, e nelle pubblicità da parte di terzi che si evidenziano in alto e a destra nella pagine dei risultati, i cosiddetti link sponsorizzati. Le accuse sostengono inoltre che Google favorirebbe i suoi stessi servizi. L'apertura di questa procedura, però, avverte la Commissione, non implica che Bruxelles abbia le prove dell'esistenza di un'infrazione alla normativa Ue in materia di concorrenza, ma solo che i servizi del commissario responsabile Joaquin Almunia condurranno un'inchiesta "approfondita" sul caso, e "in modo prioritario".

In particolare, adesso l'Antitrust dovrà indagare se Google ha abusato della sua posizione dominante per "abbassare nei suoi risultati la posizione dei servizi concorrenti specializzati nel fornire agli utenti alcune tipologie di contenuti specifici quali i siti di comparazione dei prezzi, e di privilegiare i propri servizi equivalenti dando loro una posizione privilegiata in modo da escludere i concorrenti", si legge nel documento della Commissione. Secondo le accuse, ancora, Google avrebbe "abbassato il punteggio di qualità dei servizi di ricerca concorrenti nei risultati delle ricerche a pagamento". Il punteggio di qualità ("Quality score") è infatti uno dei fattori che determina il prezzo per piazzare una pubblicità su Google.

Altro capitolo dell'inchiesta di Bruxelles, le clausole di esclusività che il gigante della ricerca online imporrebbe ai partner pubblicitari, vietando loro di esporre certi tipi di pubblicità forniti dai motori di ricerca concorrenti, così come ai produttori di computer e di software. Infine, i servizi di Almunia dovranno fare chiarezza sull'accusa di "restrizione della trasferibilità delle campagne pubblicitarie online verso piattaforme di pubblicità online concorrenti".

La reazione dei vertici di Mountain View è tutta in un comunicato: "Sin da quando l'azienda è stata creata, ci siamo impegnati per fare la cosa giusta per i nostri utenti e per il nostro settore: abbiamo fatto in modo che la pubblicità fosse sempre chiaramente indicata come tale, abbiamo fatto in modo che gli utenti possano trasferire i propri dati in modo semplice quando decidono di passare ad altri servizi e abbiamo investito pesantemente in progetti open source. Tuttavia, ci sarà sempre spazio di miglioramento e quindi lavoreremo con la Commissione per affrontare le loro preoccupazioni".

L’insana competizione di Google: subito le accuse delle autorità antitrust.

L’azienda di Mountain View subisce un processo dalle autorità antitrust e dalla Commissione Europea per il manipolo di risultati con lo scopo di sfavorire i concorrenti dei suoi servizi. Nel bel mezzo delle accuse il colosso informatico dichiara di voler collaborare.
Google è messa alla gogna dalle autorità antitrust. Il colosso informatico imputato dovrà rispondere dell’accusa di manipolazione dei risultati offerti dal suo motore di ricerca per ostacolare rivali e anche, in certi casi, per bloccare advertising che si porrebbero in competizione con i suoi servizi.
L’azienda di Mountain View è finita inoltre nel mirino della Commissione Europea, che ha dichiarato prioritaria la questione sollevata dalle squadre antitrust. Secondo la Commissione è chiaro che un motore di ricerca come Google detenga il dominio del mercato (ne rappresenta infatti il 90 per cento), ma è importante allontanare il pericolo di abuso di tale leadership da parte dell’azienda.
A Bruxelles pertanto si porrà l’attenzione soprattutto sulle politiche adottate da Mountain View in relazione al suo servizio di advertising e al ranking di servizi comparabili al suo motore di ricerca.
Sebbene assediata su parecchi fronti, Google non si scompone affermando, in modo assai disinvolto, di voler collaborare con le autorità: "C'è sempre spazio per i miglioramenti e per questo lavoreremo con la Commissione per risolvere qualsiasi dubbio".

Viacom vs Youtube

Viacom vs YouTube, si torna in tribunale


Sono passati soltanto alcuni mesi da quando un giudice ha scagionato Google da ogni accusa appellandosi al Digital Millennium Copyright Act per sollevare l’azienda da tutte le responsabilità riguardanti l’attività dei propri utenti, ma Viacom non ci sta e annuncia l’intenzione di ricorrere in appello contro la sentenza chiedendo che il caso venga riaperto almeno per quanto riguarda il comportamento di YouTube prima del 2008.

Nel 2007 Viacom citò in giudizio Googleper aver favorito l’upload di video protetti da copyright sulle pagine di YouTube. Pochi mesi dopo bigG introdusse sulla piattaforma di video sharing alcune tecnologie capaci di analizzare automaticamente i contenuti pubblicati, rendendosi al tempo stesso maggiormente disponibile a cancellare le clip qualora venissero riscontrate violazioni del diritto d’autore, e a pubblicare inserzioni pubblicitarie per ripagare le aziende produttrici di contenuti delle perdite economiche. Tutto questo, alla luce di quanto annunciato nei giorni scorsi da Viacom, non è sufficiente.
A sostenere l’accusa, questa volta, sarà Theodore Olson, uno dei più celebri e influenti avvocati degli Stati Uniti. I legali al servizio di Google si vedranno così costretti a presentarsi nuovamente nelle aule della giustizia americana sul banco degli imputati. A nulla è valsa la mozione presentata nei mesi scorsi, con la quale l’azienda di Mountain View chiedeva di porre fine una volta per tutte alla questione, evitando così ad entrambe le parti un dispendio di forze destinato a rivelarsi inutile.
Il prolungarsi della vertenza sembra trovare radice nel modo in cui Google si avvicina sempre più al mondo dei contenuti video con le nuove offerte YouTube e con i progetti Google Tv: il feeling con Viacom non è mai scattato ed ora un nuovo grado di giudizio torna a mettere le parti su posizioni opposte.

Wikipedia/ Jimmy Wales chiede aiuto dopo attacco hacker.


Come ogni anno in questo periodo, ecco che Jimmy ‘Jimbo’ Wales, fondatore di Wikipedia, ha iniziato la sua campagna di offerte per sostenere l’enciclopedia online ma purtroppo adesso si è presentato un problema nuovo:adesso un computer ha attaccato il sito, a delle pagine di Wikipedia che hanno subito sono quelle di Wikileaks e dello Stato della Spagna. Wales è preoccupato perchè le pagine sono state oscurate per 24 ore ma la potenza dell'attacco potrebbe aumentare e per questo bisogna difendersi con i denti.L'hacker ha scoperto la zona a5 che è quella meno protetta e adesso non è più protetta.L'hacker si chiama Wikicrack ed non è stato rintracciato ma è stata scoperta la nazione: italia. L'hacker è stato depistato ma l'a5 è completamente indifesa e tra quelle pagine c'è anche quella di Silvio Berlusconi, Yahoo, My Space e molti altri. Wales è preoccupato che questa minaccia possa annientare il sito e chiede aiuto, ma fino ad adesso nessuno ha pensato che non è una situazione seria e che questo attacco non ha fatto niente di illegale per adesso.quindi la notazia si è diffusa solo tra noi hacker di internet.