lunedì 6 dicembre 2010

The Jester, l'hacker militante che ha bloccato Wikileaks per conto degli Usa.



u Internet tra i tecno-esperti è già una celebrità, ma nessuno l’ha visto. Non si sa che faccia abbia né come si chiami per davvero. L’unica sua foto è quella del Jolly sul suo profilo Twitter: si chiama “The Jester”, il Buffone, e a quanto pare è l’hacker che ha bloccato Wikileaks nel giorno in cui tutto il mondo cercava di accedere ai documenti segreti pubblicati sul sito fondato da  Julian Assange.
Il primo a vantarsi del gesto è stato lui stesso, The Jester, che nel suo blog ha spiegato nel dettaglio come ha fatto: utilizzando il classico attacco distribuito di “accesso negato” (denial of service) ma con un software particolare messo a punto solo da lui (“XerXes DoS”). La conferma che si tratti proprio di lui arriva da esperti di sicurezza informatica che lo conoscono e seguono le sue gesta da anni. Infatti è noto per aver abbattuto diversi siti della Jihad islamica, oltre a quello di Ahmadinejad in persona.
Gli hacker sono così: non riescono a fare a meno di vantarsi della loro bravura a penetrare i sistemi informatici, e alla fine fanno addirittura amicizia con chi li tiene d’occhio. Un classico di  “guardie e ladri”. Ma questo è un pirata un po’ diverso dagli altri: si autodefinisce “hacktivist”, cioè un hacker militante. Perché è “patriottico” e si è posto l’obiettivo di difendere gli Usa dagli attacchi che arrivano via Internet da tutto il mondo.
“TANGO DOWN” ha scritto a caratteri cubitali su Twitter nel giorno dell’attacco a Wikileaks. E’ il suo motto, lo stesso che usano i militari per indicare che un nemico è stato eliminato in uno scontro a fuoco. Sono tre i suoi messaggi sul social network che non permette frasi più lunghe di 140 caratteri: “www.wikileaks.org  - TANGO DOWN - per aver tentato di metterw in pericolo le vite delle nostre truppe, “altre cose” & relazioni diplomatiche #wikileaks #fail”. Poi: “Se fossi una “fonte” di Wikileaks in questo momento mi innervosirei, se non sanno proteggere
il loro stesso sito, come fanno a proteggere una fonte?”. E poi una seconda versione del primo messaggio, con l’aggiunta di una promessa: “Per sempre”.
Sul suo blog, The Jester – che secondo gli esperti di cyber sicurezza è sicuramente un cittadino americano - si descrive come un “hacktivist for good”, cioè “buono”, che nel modo tutto suo di pensare secondo lui vuol dire “uno che ostruisce le linee di comunicazione per terroristi, simpatizzanti, mediatori, facilitatori, regimi oppressivi e altri cattivi”. Su YouTube ci sono dei video di suoi fans, linkati ovviamente nel suo blog, in cui si sostiene che “Jester è un ex militare – anche se non si specifica di che genere – che ha passato tanto tempo in Medio Oriente a combattere il terrorismo”. Lo ringraziano: “Grazie Jester stai rendendo un servizio a Obama”, “dovrebbero essercene di più come te nel mondo”. Ha anche tanti detrattori, dalla parte di Wikileaks, che su Twitter scrivono:  “#Wikileaks è la sola cosa che ci impedisce di vivere in un regime fascista, le uniche persone che ha danneggiato sono i politici
corrotti”.

E c’è chi specula che sia pagato dalla Cia o dall’Fbi. Tanto che, forse per confonderli, l’altro ieri The Jester ha dichiarato di essere stato vittima di un impostore online che si è
appropriato della sua identità per aprire una raccolta fondi online e incassare sulla sua celebrità. In effetti un altro “The Jester” è comparso all’improvviso per denunciare di aver subito un raid da parte della polizia, che gli avrebbe sequestrato il computer e messo la casa
sottosopra, e chiedere un contributo per le spese processuali. Ma secondo gli esperti di cyber sicurezza alla fine i due Buffoni sono la stessa persona.

TRE DOMANDE A
Michael Menefee, fondatore di Infosec Island, esperto di sicurezza informatica

1)
The Jester lavora in proprio o potrebbe essere manovrato?

Credo davvero che operi per proprio conto. Ma lui è responsabile solo
del primo attacco al sito di Wikileaks. Ce n’è stato un secondo che
non sappiamo ancora di chi sia stato, ma sappiamo che non era The
Jester.
2)
Come mai Wikileaks è così vulnerabile?

La stragrande maggioranza dei siti mondiali crolla di fronte a un
attacco “dDoS” (distributed denial of service), cioè quando il Web
server su cui poggia è così bombardato di richieste di contatto da non
riuscire a servire contenuti validi.

3)
Come giudica lo scandalo internazionale scoppiato per il “Cablegate”
innescato da Wikileaks?

E’ molto significativo dal punto di vista della sicurezza informatica:
se il governo americano e le grandi aziende non sanno proteggere in
modo efficace i propri dati, l’impatto si fa sentire a tutti i
livelli, dalla competitività aziendale alla sicurezza nazionale.





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